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LA ROSA IN GABBIA

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Ho creato questa installazione per ricordare quello che è accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Per rammentare l'orrore subito dalla comunità ebraica (e non solo) per mano dei nazisti, il dolore e la sofferenza che hanno causato, obbligandoli a portare una stella gialla, con la scritta Jude, EBREO, costringendoli a nascondersi per non essere uccisi. Questo lavoro l'ho costruito usando un barattolo di vetro, che rappresenta i campi di concentramento, dove erano rinchiusi gli ebrei. Esso è circondato dal filo spinato come lo erano i campi di concentramento, in modo che nessuno potesse fuggire. All'interno del contenitore ci sono delle farfalle, che simboleggiano gli Ebrei, intrappolate e recluse come se non fossero esseri viventi. Ho voluto rappresentare i prigionieri come delle farfalle, perché esse rappresentano la fragilità, la speranza e la libertà degli ebrei. Al centro ho messo una rosa di carta che sboccia dalla cenere, perché indica la rinascita. Essa si alterna tra bianco e nero, che erano i colori di alcune "divise" a strisce che i tedeschi facevano mettere agli ebrei. E il gambo della rosa è fatto con del filo di ferro, che simboleggia la resistenza. Da essa sono caduti dei petali, con delle parole scritte sopra:

MEMORIA, perché non bisognerebbe mai dimenticare ciò che è successo, CRUDELTÀ, che si rivolge alla spietatezza con cui i nazisti trattarono gli ebrei e INDIFFERENZA, parola che Liliana Segre (sopravvissuta allo sterminio) fece scrivere a caratteri cubitali, sulla parete del binario 21 (una “stazione” sotterranea che partiva con dei vagoni di bestiame, colmi di persone per poi arrivare ad Auschwitz). Infine le valigie, inserite nella composizione, furono quegli oggetti con cui i nazisti illusero gli Ebrei, che là, dove venivano portati, avrebbero avuto bisogno del loro contenuto (come in un viaggio). Invece appena arrivati, era la prima cosa di cui venivano privati. è importante ricordare tutto ciò che è accaduto perché non si ripeta mai più.

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                                                                                                                     Martina Matei

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