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LA SCUOLA CHE DESIDERO

Il concetto di scuola cambia da persona a persona, da generazione a generazione e da un periodo storico ad un altro. Ad esempio, se mettiamo a confronto un ragazzo d’oggi e un anziano, il loro pensiero sulla scuola e il modo di intenderla non sarà mai lo stesso, questo perché sono cresciuti in due epoche diverse e perciò anche la loro prospettiva di vedere le cose è differente.

In realtà la scuola non cambia, è sempre lo stesso edificio, cambia però l’approccio che si ha, l’importanza che le si dà e gli investimenti che si fanno per essa. In base a questi fattori, si può anche capire che ruolo ha l’istruzione in un Paese, e con esso anche le priorità che i governanti e il popolo hanno.

 

Come detto precedentemente ci sono più modi di vivere la scuola, modi influenzati dalle condizioni di vita, dalla situazione finanziaria, dall’educazione, che una determinata persona ha.

C’è, ad esempio, chi la scuola la subisce, e la dimostrazione a noi più vicina è il protagonista del libro “Le Avventure di Tom Sawyer”. Tom è un ragazzino che vive in un piccolo paesino degli Stati Uniti, dove, nonostante le poche possibilità, la zia non gli fa mancare nulla. Nonostante ciò, leggendo il libro, ho notato un bambino annoiato e disinteressato alla scuola, oserei dire scocciato all’idea di dovervi andare. Tom tollera la scuola, e ci va solamente perché è obbligato, non di certo per suo piacere. Egli non comprende l’opportunità che ha davanti, cosa che accomuna molti ragazzi della nostra età. Si classifica la scuola come una prigione, un peso da reggere, vedendo in esso solo una perdita di tempo che nega la possibilità di divertirsi o di essere liberi. Questo è quello che Tom pensa della scuola, o almeno quello che io ho interpretato leggendo le sue vicende. Bisogna però sottolineare il fatto che l’ambiente scolastico dipenda molto anche dal clima che il professore instaura. In questo caso è il maestro, in prima linea, a non sopportare la scuola, e si capisce da più aspetti quanto vi sia disinteressato, perciò, creando quest’atmosfera di indifferenza, anche i ragazzi avranno questo approccio all’istruzione. Viceversa, se il professore fosse coinvolgente, vivace e appassionato al suo lavoro, probabilmente anche i suoi alunni verrebbero a scuola più volentieri.

 

D’altro canto, leggendo anche il libro “Nei mari ci sono i coccodrilli”, ho potuto vedere sentimenti totalmente opposti a quelli di Tom. Infatti Enaiat, il protagonista della vicenda, dimostra un modo di vivere la scuola completamente diverso e in contrasto con quello di Tom.

Nel libro possiamo infatti capire immediatamente che per Enaiat la scuola è di fondamentale importanza, e lui adora andare a scuola. Possiamo capirlo sin dalle prime pagine, dove egli racconta a Fabio Geda, autore del libro, un episodio che si svolge mentre lui era ancora un bambino: un talebano arriva a Nava, il villaggio dove Enaiat è cresciuto, comunicando al preside e al maestro della sua scuola che essa, essendo hazara, doveva chiudere. Dopo tre giorni, durante i quali il maestro e il preside si erano rifiutati di chiudere i cancelli scolastici, riappare il talebano, assieme ad altre persone, mettendo definitivamente fine non solo alla scuola, ma anche alla vita del maestro. Enaiat spiega bene quanto sia rimasto sconvolto e ferito dall’improvvisa chiusura della scuola, e racconta altrettanto bene il percorso scolastico che ha poi intrapreso una volta arrivato in Italia, dopo essersi insediato legalmente e aver trovato una famiglia. Racconta anche come risultasse strano agli occhi dei suoi coetanei italiani che, non avendo vissuto la vita di Enaiat, il quale di perdite ne ha avute molte, non lo comprendevano e non riuscivano a mettersi nei suoi panni. Il protagonista dice che lo definivano “secchione” poiché studiava moltissimo, fin troppo, dando sempre il massimo. Ed è stato grazie a quest’affermazione che ho capito che per noi che abbiamo sempre avuto quest’opportunità servita su un piatto d’argento, essa risulta banale e ovvia, ed è per questo che ci lamentiamo e ci sentiamo anche giustificati nel farlo. Ma coloro che hanno subito molte perdite, e che magari hanno avuto un brevissimo assaggio di quello la scuola può essere, desiderano la scuola ardentemente, e i pochi fortunati, come Enaiat, che riescono ad arrivare al proprio obiettivo, di certo non sono disposti a mandare all’aria tutto lo sforzo che hanno fatto per arrivare dove sono ora.

Un altro spunto importante per capire i diversi approcci alla scuola è il film “Lezioni di sogni”. Possiamo infatti visionare un’altra situazione scolastica, diversa da quelle precedenti. Vediamo la rigidità della scuola prussiana di fine ‘800, un’istruzione basata sull’obbedienza e alla violenza in caso di necessità. Possiamo vedere come dei ragazzi poco più grandi di noi riuscissero ad immaginarsi un solo ed unico futuro, uguale per tutti, ovvero quello di servire fedelmente la Prussia presntando servizio militare. Vediamo la mancanza di fantasia, di spensieratezza e di sogni, tutte cose fondamentali alla nostra età. Come detto in precedenza, la scuola ci racconta molto dello stato in cui ci troviamo, e siccome i diritti di sognare, di esprimersi e di essere se stessi vengono negati, capiamo immediatamente che per lo stato ciò non è di prima importanza. Capiamo che ciò che un cittadino pensa non è preso in considerazione, e che lo stato preferisce avere dei “burattini” da poter manovrare a proprio piacimento.

 

 

A parer mio, la scuola perfetta non esiste. Nessuno, però, mi nega di immaginarla e di provare, con la mia fantasia e il pensiero che sto sviluppando, di dare un mio giudizio sul concetto di scuola che abbiamo durante questi tempi.

Io credo che la scuola di oggi dipenda molto dai professori che incontri, non che prima non fosse così, però ad oggi il metodo di insegnamento, molto spesso, varia da persona a persona, cosa che in passato era più raro. In base agli insegnanti che trovi, la tua “scuola” cambia, poiché se si incontra un professore come quello di Tom, sicuramente non si riuscirà a dare il massimo, nemmeno per volere proprio. La stessa cosa vale per gli insegnanti rigidi, che non sono mai disposti ad abbandonare, nemmeno per un minuto, l’autorità che non perdono tempo a sottolineare. Viceversa, se si ha la fortuna di incontrare un professore disposto a conoscerti, ad aiutarti a conoscerti, che ti guidi verso la strada giusta, o che ti faccia capire qual è la tua idea di giusto, in questo caso venire a scuola e studiare diventa mille volte più piacevole, poiché si instaura un clima coinvolgente, passionale… Ovviamente tutto ciò dev’essere basato sulla reciprocità, non è solamente colui che sta dietro alla cattedra che deve fare tutto, ma anche noi alunni.

Io credo che la scuola sia un’opportunità immensa, che non a tutti hanno, nonostante l’evoluzione che l’umanità ha fatto. Sono anche a conoscenza del fatto che molti miei coetanei non la pensino affatto così, che definiscono la scuola una prigione, come Tom. Sarò sincera, anch’io a volte credo che la scuola sia un peso, ma non uso questo mio pensiero come una giustificazione per un mio comportamento scorretto nei confronti delle persone che magari sono disposte ad aiutarmi. C’è un detto che dice “Non si può aiutare chi non vuole essere aiutato.” questo intendo quando parlo di reciprocità: se l’aiuto arriva da una parte, ma l’altra non lo accoglie, o comunque non lo prende in considerazione, è tutto invano; la stessa cosa vale se da una parte si è disponibili ad accettare critiche costruttive e vari aiuti che però, in questo caso, dall’altra sponda non arrivano.

Credo che la scuola, o meglio dire il rapporto professore – alunno, possa essere paragonato ad una coppia che danza, innanzitutto bisogna essere in due, e per far sì che il ballo sia piacevole, da entrambi i ballerini deve esserci la disponibilità, sia di accettare di aver sbagliato, sia di essere presenti nel caso in cui il partner avesse bisogno di aiuto.

La scuola che vorrei dev’essere disposta ad aiutarti in ogni caso, o che ti dia almeno gli strumenti per riuscire a fare luce su te stesso. Una scuola che ti aiuti a trovare la propria strada, che ti dia la spinta per farti volare. Ed è per questo che ho scelto quest’immagine, perché e come se fossimo su un’altalena e la scuola, ci dà ogni volta una spinta più forte, per arrivare più in alto, fin quando non possiamo spiccare il volo verso la nostra vita, consapevoli di avere alle spalle un percorso ricco non solo di conoscenze, ma anche di amicizie, sogni, emozioni, passioni… Perché la scuola non è solo l’istruzione, è anche tutto quello che ho elencato qua sopra.

Gidioi Ecaterina

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