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QUANDO UNA DONNA ABBASSA LA TESTA

“SE UNA DONNA DEVE ABBASSARE LA TESTA, È SOLO PER GUARDARE LE SUE SCARPE.

LOTTIAMO ANCHE NOI, NEL NOSTRO PICCOLO”

 

La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne viene celebrata il 25 novembre. È molto importante perché ci fa riflettere su una tematica che riguarda un numero elevato di vittime.

L'uomo, fin dall'antichità, si è sempre considerato superiore alla donna. Lui doveva lavorare, invece lei era costretta a stare in casa ad educare i propri figli.

Per timore di diventare inferiore alla donna, l'uomo ha causato sempre più vittime di violenza, fisica e psicologica.

È difficile, per una donna, reagire davanti a un fatto di questo genere, per paura di essere giudicata ancora di più. Spesso le parole fanno anche più male delle botte.

Fortunatamente, al giorno d'oggi, non si fanno più così tante differenze tra un uomo e una donna.

È essenziale riuscire a lottare per la propria dignità e per avere diritti uguali per tutti. Purtroppo anche noi ragazzi veniamo coinvolti nei problemi familiari e siamo spesso obbligati a tacere. Non è nostro diritto essere testimoni delle violenze.

Il futuro però dipende da noi! È da piccoli che si impara come rispettare una donna, grazie a piccoli gesti.

Io, Carmen e Denisa della classe II sez.A della Scuola secondaria di primo grado di Bozzolo, abbiamo realizzato un'installazione nell'atrio del nostro Istituto per sensibilizzare i nostri compagni su questa giornata.

Per progettarla abbiamo seguito le indicazioni della professoressa Manini, realizzando un cartellone con delle parole chiave e alcune immagini significative. Successivamente abbiamo ideato una panchina rossa, simbolo di questa giornata, creata partendo da una cassetta della frutta vuota. L'abbiamo posizionata su una scatola di cartone. Infine abbiamo disposto tre paia di tacchi rossi attorno alla panchina, per simboleggiare la forza delle donne.

 

Eliza Indries

 

25 novembre - Storie per riflettere 

Queste due storie sono inventate ma, purtroppo, sono lo specchio della realtà. La prima riguarda una vicenda di tentato stupro, la seconda di violenza e successivo isolamento. Se la protagonista della prima ha trovato il coraggio di denunciare, l’altra invece non ha individuato vie d’uscita. Questi due racconti invitano a riflettere, perché non deve mai mancare il coraggio di denunciare fatti simili.

 

In stazione

È notte, scendo dal treno, e come ogni sera mi ritrovo nella stazione del paese. Sono appena tornata da una stancante giornata di lavoro. In lontananza avvisto un uomo avvicinarsi, avrà circa trentacinque anni. Senza farmi troppe preoccupazioni continuo sulla mia strada. È buio, non lo vedo più. Giro l’angolo, una mano da dietro mi afferra il collo con forza. Da esso, la sua mano comincia a scendere, e in sottofondo la sua voce sussurra dei complimenti. Comincio ad urlare, grido in cerca di aiuto. Riesco a liberarmi tramite il mio ginocchio. D’istinto gli tiro un calcio, se ne va impaurito, scappo. Torno a casa e dalla paura non riesco a dormire. Ho venti anni, vivo da sola. Domani mattina andrò a denunciare il fatto alla polizia: l’uomo ha tentato di stuprarmi. Cerco di trovare delle prove, sul fianco noto un livido. Alla polizia illustro l’aspetto dell’uomo, mostro i segni che mi ha lasciato, iniziano le indagini. La notizia si diffonde nel paese. Grazie a dei controlli e le telecamere di sorveglianza vicino alla stazione, dopo qualche settimana la polizia trova quel signore e lo arresta. 

È importante farsi coraggio: non esitate a denunciare.

 

Giulia, Maia, Alessia, Beatrice, Andrea, Davide


 

Doveva essere una festa

Jennifer ha quindici anni, frequenta il Liceo artistico e ama lo sport. Il suo più grande sogno è quello di diventare un’artista. Ormai è chiusa in camera da due settimane: non vuole più uscire o mangiare, continua a ripensare a quella scena, a quella festa a cui i genitori le avevano proibito di andare. Lei però ha deciso di non ascoltarli e ora si trova nella condizione di decidere la sua prossima mossa, non sa più che cosa pensare o fare dalla vergogna che prova dopo quella festa, la festa che ha segnato per sempre la sua vita. Il ricordo è confuso, tutti erano ubriachi, si divertivano come se non ci fosse un domani e poi c’era lei, distesa nel letto impotente con tre ragazzi nella camera. Due dei tre ragazzi stavano registrando la scena, ridendo e scherzando tra di loro, come se tutto questo fosse normale, con l’intenzione di postare quel video su Internet. L’altro invece la stava violentando e sorrideva quando Jennifer gridava di essere lasciata in pace, ma nessuno la ascoltava.  Ora è in camera che riguarda, piangendo, tutti gli insulti da parte delle persone che hanno guardato il video su Youtube, ma nessuno denuncia quello che è successo. I genitori preoccupati decidono di provare a parlare con la figlia dopo la visione del video ma non ci riescono: la ragazza si vergogna di se stessa, non vuole più guardarsi allo specchio e non ha il coraggio di andare avanti. In preda al panico si rinchiude nel bagno della sua camera e decide di togliersi la vita, ma la madre la ferma in tempo.

Jennifer racconta tutti i dettagli della festa alla madre e insieme decidono di denunciare i tre ragazzi, che successivamente vengono arrestati. Jennifer però non riesce ancora a tornare alla normalità, a scuola viene derisa da tutti i suoi compagni di classe, non ha amici e in più suo padre che è sempre stato poco presente non vuole darle retta e crede che si sia inventata tutto, per questo decide, una volta per tutte, di suicidarsi umiliata da quei tre ragazzi.

 

Gloria, Salma, Lorenzo, Simone, Emanuele, Désiree

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