OLTRE LE REGOLE
Le regole vanno rispettate, anche se sei famoso. Questa è la frase che riassume le motivazioni che hanno spinto il governo australiano a cacciare Novak Djokovic, non solo dal torneo degli Australian Open, ma anche dall’intero stato per i prossimi 3 anni. Ma perché questa decisione? Il tennista numero 1 al mondo, non ha il certificato vaccinale per il COVID-19 e quindi non può partecipare al torneo.
Ma partiamo dall’inizio, anche se non c’è molta chiarezza su questi fatti: il 16 dicembre 2021 il tennista risulta positivo al covid-test, ma poi (pur sapendo di essere in quarantena) il 17 dicembre è presente ad una partita al palazzetto senza mascherina e il 18 dicembre viene intervistato dall’Equipe. Ma secondo il protocollo lui avrebbe dovuto stare in quarantena.
Il 4 gennaio parte per l’Australia senza green pass, anche se richiesto, e presenta una certificazione medica che attesta la sua guarigione dal virus. Qui pare non esserci congruenza tra il tempo della malattia e il suo essersi esporsi in pubblico.
Lui ha cercato ogni strada e scusa possibile, sperando che il mondo, vista la sua notorietà lo favorisse permettendogli di disputare il torneo tanto sognato. Purtroppo per lui non è stato cosi e si è causato un danno di immagine esagerato, oltre a essere stato escluso da uno dei tornei più importanti del mondo e quindi, mettere nel cassetto l’opportunità di vincere il Grande Slam. Il primo ministro australiano Morrison ha dichiarato che "Questa decisione di annullamento è stata presa per motivi di salute, sicurezza e buon ordine, in quanto ciò era nell'interesse pubblico” e che “gli australiani hanno fatto molti sacrifici durante questa pandemia e giustamente si aspettano che il risultato di quei sacrifici venga protetto".
Questa faccenda fa capire che dire “sono famoso, quindi posso” è sbagliato, perché ogni cittadino deve obbedire alle stesse regole, indipendentemente chi sia e quali siano i suoi successi personali.
Alla fine della vicenda emerge comunque l’amore per lo sport, infatti il campione di ritorno in Serbia si dice profondamente amareggiato, ma augura a tutti i giocatori di dare il meglio e spera che l’attenzione sia sul torneo che ama e non più su di lui.
Marco Bettoni