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LA FORESTA DELL'ORRORE

Sono ormai giorni che la situazione tra Polonia e Bielorussia è tesa e discussa: l’arrivo dei profughi mette in angoscia e in confusione entrambe le popolazioni.

 

Nelle settimane di ottobre e novembre ondate di migranti, provenienti dal Medio-Oriente e Africa, hanno transitato verso il confine bielorusso-polacco, per poi addentrarsi nel continente europeo. Le loro speranze sono state poi infrante dalla (non)accoglienza dei bielorussi e, successivamente, dal rifiuto dei polacchi. Fadi, un uomo migrante siriano, racconta: “Hanno giocato con noi. I bielorussi ci hanno spinto ad attraversare il confine, i polacchi ci hanno respinto.”, attirati con la menzogna, facendo nascere una speranza nei loro cuori, per poi farla svanire con il suono degli spari. Infatti si sono trovati davanti due muri, uno costituito dal filo spinato, e l’altro dall’odio, dal timore e dalla repulsione. Vengono infatti ghettizzati, obbligati a vivere ammassati, come animali, in un magazzino in condizioni disumane, senza bagni e le condizioni necessarie per comunicare con l’esterno. La foresta di BiaÅ‚owieża si è poi trasformata in una foresta dell’orrore, a causa della continua violenza, fisica e verbale, inflitta dalle autorità polacche e bielorusse. Il territorio, ora disseminato da tombe e corpi sepolti provocati dalla crudeltà delle due popolazioni, ha ormai perso il proprio fascino e la tranquillità caratterizzante. 

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Un’ulteriore prova di disprezzo e rifiuto è il rumore frequente degli spari e il suono dell’affermazione, proveniente dalle labbra dei soldati, “Nie, qui non si passa.” Frase ripetuta ulteriormente anche dalla maggior parte dei paesani di Hajnowka, un paesino sul confine polacco, titubanti sull’accettare o meno queste persone che ai loro occhi sono senza identità. Nonostante questo disinteresse proveniente dalla maggioranza, c’è un piccolo gruppo di persone che preferisce dare ascolto alla propria moralità, decidendo di aiutare donne, uomini e bambini piangenti e in difficoltà, dando loro quei beni primari come cibo, acqua e coperte. 

Questa avversione è inoltre dimostrata dal fatto che molti giovani polacchi contribuiscono ad aiutare i soldati, nonostante non abbiano un riconoscimento militare, respingendo i migranti e pattugliando il confine. 

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Ciò che sta accadendo tra Bielorussia e Polonia è solo un esempio preso da centinaia di situazioni, diventate ormai ripetitive nel corso della storia. Le domande che ci siamo posti sono le seguenti “Cosa c’è alla base di tutto? Perché non si vuole o non si può accettare queste persone alla ricerca di un rifugio? Da cosa è scaturito questo disprezzo, questa mancata fratellanza?”... Vediamo scontrarsi, giorno dopo giorno, la disperazione e la persistenza dei profughi, desiderosi di avere un luogo che possano chiamare casa, e dell’ostinazione e del disprezzo proveniente dai soldati e dai cittadini timorosi sull’accettare o meno queste persone sconosciute. 

Ma allo stesso tempo ci siamo interrogati sul perché ci siano così tante persone in cerca di rifugio, quali sono le cause di questa loro fuga? Possono essere naturali e climatiche, come possono essere economiche e sociali, la causa varia sempre, ciò che raramente cambia è la dura accoglienza che ricevono. I migranti vengono quasi sempre respinti per più motivi, che possono tutelare i diritti dei vari cittadini, ma allo stesso tempo li negano tutti quanti a coloro che vengono da noi in cerca di aiuto. Se magari ci fosse più collaborazione tra gli stati si riuscirebbe ad accogliere almeno una parte di questi sfollati?

 

Tutti questi sono interrogativi più grandi di noi, vecchi ormai secoli e secoli… Noi come ragazzini abbiamo tentato di rispondervi… Ma finché si parla siamo bravi tutti quanti si sa, quando poi ci viene chiesto di fare ciò che pensavamo fosse solo teoria, molti sono coloro che si tirano indietro, preferendo egoisticamente il proprio benessere e il proprio piacere, a quello di un’intera massa di persone. 

Ecaterina Gidioi

Edoardo Fazzi

Tommaso Nardi

Matteo Petroselli

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