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(NON) FUMARSI IL FUTURO​

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La prima lettura di quest’ultimo anno scolastico di medie è stata un capitolo del libro di Italo Svevo, “La coscienza di Zeno”. In questo frammento di racconto Zeno parla del suo rapporto con il fumo dalla sua giovinezza al suo presente. Il protagonista, ormai adulto, decide di parlare della sua dipendenza con uno psicanalista che gli consiglia di scrivere della sua propensione al fumo in un diario. Inizia a ricordare il suo percorso con la sigaretta ed immediatamente nella sua mente si fa strada un susseguirsi di piccoli filmati composti da ricordi diversi fra loro. Porta alla mente i motivi per i quali fumava, all’inizio per ripicca, a suo fratello e al suo amico Giuseppe, i quali condividevano più sigarette fra loro che con lui, poi per trasgressione, fino a diventare una vera e propria dipendenza. Si ricorda il sapore delle sue prime “cicche”, che più che dargli piacere lo indirizzavano verso il bagno per poter vomitare.

Questi avvenimenti, insieme a tanti altri, mi fanno capire che il vero problema inziale del protagonista non fosse fisico, dovuto alla dipendenza, ma nel profondo del suo cuore. Zeno si sentiva inferiore alla fama del fratello, che invece veniva apprezzato da molti a tal punto di ricevere in regalo più sigarette a insaputa del protagonista. Voleva dimostrare a Giuseppe, a suo fratello e non solo, che lui fumava comunque anche senza il loro aiuto.

Quando Zeno smise di rubare si concesse ai sigari che il padre lasciava ancora accessi abbandonati per casa e, che nonostante il dolore fisico che gli provocavano, lui continuava nel suo vizio. Ciò mi fa capire quanto Zeno fosse dipendente mentalmente dal fumo; questa sua nuova abitudine era nata, infatti, per dimostrare al fratello che lui fumava i sigari come gli adulti, senza fermarsi alle “banali” sigarette. L’episodio che più mi ha impressionato sono state le gare di fumo che avvenivano di nascosto fra il protagonista e ragazzini ancora molto piccoli. Ciò che mi è rimasto impresso maggiormente non è stato il gesto, ma le emozioni che provava Zeno dopo questi suoi momenti di ribellione. Il sentimento maggiore che lo prevaricava era la vergogna, infondo i suoi avversari non erano che fanciulli. Lui provava a fermarsi durante le gare, ma la dipendenza e il voler dimostrare le sue “doti da fumatore” erano più forti di lui tanto da prendere il comando delle sue azioni togliendogli la possibilità di scelta.

Un altro momento importante è quando Zeno si rende conto di odiare il fumo. Il personaggio si ritrova all’ospedale malato con la proibizione di accendersi una sigaretta, ma tale negazione lo spinge a trasgredire sempre di più alla regola. Mi ha colpito il fatto che l’ultima sigaretta non arrivava mai, in un ciclo continuo. L’episodio mi ha scosso perché mi ha fatto rendere conto di quante bugie le persone si dicono pur di continuare nei propri vizi, pur sapendo, a volte, di rovinare la propria esistenza.

In quel periodo fumare era normale e l’adolescenza non esisteva per un ragazzo. Per questo i genitori di Zeno non si preoccupavano preoccupati della propensione al fumo del figlio.

Entrambi non erano molto presenti durante la crescita psicologica di Zeno anche se, sempre in casa. Non c’erano quando doveva sfogarsi e non si erano resi conto della sua dipendenza, senza dare troppo peso al problema del fumo. La vita del protagonista è stata costituita da incertezze, rancori e silenzi. L’abbandono psicologico che gli ha causato la sua famiglia gli ha provocato ferite e dolori che non possono passare inosservati e, che sono impossibili da riaggiustare. Zeno è un ragazzo caratterialmente solo, obbligato ad affrontare le difficoltà dell’adolescenza completamente senza nessun aiuto o “faro” che lo potesse indirizzare sulla corretta via.

In Zeno rivedo alcuni aspetti del mio carattere. A volte per farmi notare tendo a trasgredire e raccontare menzogne senza pensare alle conseguenze delle mie azioni. Questo avviene soprattutto durante i pranzi di famiglia dove vengono davvero molte persone. Non mi dispiace starmene per i fatti miei indisturbata, ma quando i miei parenti iniziano ad ignorarmi per congratularsi continuamente con i miei cugini per la loro media scolastica e gli sport che praticano mi assale una rabbia e gelosia incontrollata che sfocia in piccole bugie che mi invento, per dimostrare ai miei cugini, che anch’io posso ricevere dei complimenti. Tutto questo è parecchio incoerente dato che spesso sono io che tendo ad isolarmi per chattare con le mie amiche o per continuare la lettura di un libro, ma mi viene spontaneo reagire in questo modo, nonostante io sappia che sia sbagliato e da immaturi. Spero di riuscire ad aggiustare questa mia caratteristica prima dell’inizio delle superiori, perché mi infastidisce parecchio. Questo mio problema è molto meno significativo di quello di Zeno eppure penso che entrambi abbiano la stessa radice: dimostrare agli altri di riuscire a raggiungerli e superarli in tutto ciò che loro hanno in più di noi.

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Tendo spesso a scappare dalla realtà creandomi delle piccole isole tropicali nella mia immaginazione, leggendo o andando a equitazione. È un abitudine che faccio da quando sono piccola e per la quale i miei genitori mi rimproverano spesso dicendomi che dovrei essere meno svampita. Eppure per me è una terapia che mi rilassa regalandomi momenti di pace e tranquillità di cui non posso fare a meno. La uso quando sto attraversando momenti difficili o devo prendere decisioni importanti che possono compromettere il mio futuro. Quando ero più piccola il problema maggiore da cui sfuggire poteva essere la Barbie rotta, il libro rovinato da mio fratello, il peluche che aveva perso la testa, mentre ora sono le amiche/amici, il telefono che non funziona, i brutti voti, ma soprattutto la scelta della scuola che dovrò frequentare fra qualche anno e che influenzerà il mio avvenire. Per questo a volte cerco di sparire nei miei mondi immaginari per non affrontare questi problemi. Mi bastano pochi interminabili minuti durante i quali mi ritrovo ovunque io voglia con un corpo diverso, una vita diversa, ma soprattutto problemi diversi a vivere avventure memorabili. Per qualche minuto riesco a scappare dai problemi cadendo in sogni che mi aiutano a dimenticare per un po’ le mie complicazione. Alla fine di questi viaggi provo sempre una sorta di pace interiore che mi aiuta a concentrarmi meglio su quello che devo fare. Quando sono arrabbiata basta che legga un po’ per ritrovare la calma o ascolto la musica degli One Direction, ma l’emozione più che più mi rilassa e che mi ritrovo a

provare è quella che provo dopo una lezione di cavallo, sia quando sistemo il box al ronzino, che quando lo porto in giro, lo pulisco, lo monto e lo coccolo. Dopo questi momenti a volte faccio addirittura fatica a ritornare nel mondo reale perché ne sono spaventata. Mi fa paura riprovare sensazioni di stress e ansia dopo aver assaggiato la vera tranquillità, eppure sono costretta a farlo.

Se dovessi immaginare la “me più grande” guardare la “me di adesso” non saprei cosa direbbe di preciso. Penso che mi ricorderebbe che l’adolescenza è un campo di preparazione per la vita adulta. Che ho fatto bene a cercare di raggiungere i miei obbiettivi senza trascurare me stessa o lasciarmi trascinare dalla corrente. Spero che riguardi questi anni con già perché ho dato il meglio di me e mi sono divertita e non perché li ho persi inseguendo obbiettivi inutili. Mi ricorderebbe che il tempo è la cosa più preziosa che un essere umano ha.

Giorgia Maroli

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